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lunedì 5 ottobre 2009

Carnet di Marcia - 6 giorno: Servizio Civile e Solidarietà



Lo scrutatore non votante
è indifferente alla politica
Ci tiene assai a dire “ohissa!”
Ma poi non scende dalla macchina


Normalmente si pensa alla cittadinanza come a un insieme di diritti senza ricordarci che essa è anche un insieme di doveri, tra cui in particolare quello di solidarietà che è anche costituzionalmente sancito.

Al di là dell’enunciazione solenne il dovere di solidarietà consiste nella capacità di prendersi cura delle persone con cui si condivide il cammino di vita. La cittadinanza in questa ottica è una cittadinanza che si fonda sulla consapevolezza che i problemi delle persone con cui si condivide il cammino della vita non riguardano solo lo Stato ed i suoi servizi, in altre parole il sistema di protezione sociale denominato Welfare State, ma riguardano anche la responsabilità di ogni cittadino

(..) Ricostruire comunità significa, quindi, ritessere i rapporti di solidarietà e in questo contesto l’educazione alla nuova cittadinanza vuol dire educare la persona ad assumere responsabilità e cura nei confronti degli altri. Personalmente credo che il servizio civile possa essere il luogo in cui si istilla il virus di questo modo di concepire la cittadinanza, in cui il giovane è formato a compiere in modo naturale dei gesti di solidarietà verso l’altro.

In questo senso il servizio civile è il luogo in cui il giovane può finalmente concludere il
suo percorso di maturazione e iniziare un nuovo cammino di cittadino adulto.

Carl Gustav Jung diceva che dopo l’adolescenza, in cui la persona conclude il percorso che dal Noi conduce all’Io, si apre una nuova fase evolutiva, quella in cui dall’Io si va verso il Noi, dove la persona pur mantenendo la sua individualità raggiunge un’armonia più profonda con la natura, con gli altri e con se stessa. Jung ha chiamato questo processo “individuazione” e ha indicato il suo apice nella terza età.

Il servizio civile serva da innesco, da aiuto per uscire da un’egocentratura adolescenziale
e, quindi, per l’avvio del cammino verso il noi. Questo però solo se il servizio civile è un’esperienza significativa dal punto di vista umano, professionale e sociale.

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Una giornata qualunque


Musica a palla. L’acqua scorre e il secchio si riempie.Un profumo di lavanda inebria velocemente la piccola casa. La ragazza, lunghe trecce finte raccolte con un nodo, fisico da modella, pelle al miele di castagno, canticchia una canzone delle Destiny ’s Child mentre fa le pulizie degli spazi comuni. Sembrerebbe una giornata qualunque di una ragazza qualunque…

Lo scenario è quello di una casa d’accoglienza per donne immigrate presso la quale svolgo il mio servizio civile, la ragazza è una delle tante “sopravvissute” che passano da qui.

“I ’m a survivor” canta una canzone, colonna sonora di una vita… di tante vite. Vite di donne superstiti in una terra ostile, la maggior parte delle volte. Terra che rappresenta la meta per tanto tempo, punto di arrivo di una tragica esistenza, punto di partenza per una nuova vita nell’ immaginario di chi lascia tutto e intraprende i lunghi e tormentati “viaggi della speranza”.

Terra in cui inaspettatamente, inesorabilmente, sofferenze e sacrifici non ti abbandonano per diventare tuoi compagni di viaggio. Terra che nonostante tutto accoglie, raccoglie le vite tormentate di queste donne instabili dalle esistenze così precarie! La sopravvivenza non è scontata. Non so dire se la ragazza, che sembra cantare a cuor leggero, ci sia riuscita. Il richiamo della sua terra, la Nigeria, è più forte di qualsiasi altra cosa. Ha deciso di tornare a casa e ora è qui di passaggio nell’attesa di un rimpatrio assistito. E’ serena. Non dovrà più sprecare le sue energie per sopravvivere perché sta per tornare alla vita.Mentre scrivo la ragazza ha ultimato il suo compito quotidiano. La sua è una storia tra tante… storie sommerse dal frastuono dell’indifferenza generale. Storie che si legano intrecciandosi alle vite di chi lavora per far emergere dall’ indifferenza e poter dare un nome a tutte queste donne. Lju*, Kau*, Mobr*, Zi*, Ali* e tante altre le ho conosciute e grazie al servizio civile anche io ho potuto dargli un nome e un volto.

Pisa, Giugno 2007Giusy Monni Volontaria in servizio civile anno 2006/2007 Progetto ASC Pisa “Inclusione sociale “

Pianola, 16/05/09- 23/05/09

Il campo di Pianola ( piccolo paese vicino a L’Aquila, i cui abitanti sono stati trasferiti quasi interamente nella tendopoli) per me si è trasformato in una scuola di vita. Quello che ho dato io col mio lavoro non è stato paragonabile a quello che mi è stato regalato...

Ho appreso la solidarietà con la S maiuscola. Quella tra cittadini di una stessa nazione, di una stessa terra. Persone da ogni parte d’ Italia uniti dalla stessa volontà di dare una mano agli abruzzesi: qualcosa che non avevo mai sperimentato prima, qualcosa ovviamente che si vorrebbe e si dovrebbe sperimentare ogni giorno, non solo dopo una catastrofe, ma che resta comunque un grande prova di senso civico.

Ho avuto modo di collaborare con la Prociv Arci ligure, emiliana, toscana, sarda e soprattutto calabrese (era la Prociv di Isola di Capo Rizzuto (Kr) che contava più volontari e aveva portato gran parte dell’attrezzatura necessaria per il campo, dalla cucina al “tendone-mensa”). E la gente... la gente mi ha regalato più di un sorriso e non mi è apparsa triste e rassegnata ma decisa, determinata a ricostruire il suo domani, anche a spese proprie se necessario.

Nessuno si perde d’animo al campo. C’è chi aveva un’attività che gli dava da vivere e l’ha persa, ma ha ripreso in mano dopo vent’anni la chitarra e fondato un gruppo musicale con ragazzi del paese dal nome rappresentativo: 649; c’è chi ci aiuta in cucina non potendo farlo più a casa e chi, più anziano, ci racconta le sue disavventure come se non rappresentassero un baratro senza fondo ma una china dalla quale risalire. E tutto questo avviene mentre bambini vivaci scorrazzano nel campo, molti hanno con sé trattori e gru giocattolo e raccolgono alcune pietre per innalzare il primo muro della loro “nuova” casa.

Si respira un’atmosfera di comunità a Pianola che oggi nelle nostre città è sempre più rara.

Cosa mi sento di poter dare sulla base della mia esperienza?

Come si può partecipare allo Stato?

Qual è il contributo che ciascuno è chiamato a dare?

Qual è il mio contributo?

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