Esiste l'anno del gatto? No, perchè anche lui è stato colpito dalla suina.
"Ci sono parecchie storie riguardanti i dodici animali dello zodiaco cinese, e su come siano stati scelti. In una leggenda, l'Imperatore di Giada, già sovrano del Cielo e della terra da parecchi anni, decise di visitare la Terra personalmente. Si stupì nell'ammirare le curiose creature terrestri. Decise di prenderne dodici, da portare al Cielo, per mostrarle agli esseri divini.
Gli animali che portò via furono: un topo, un gatto, un toro, una tigre, un coniglio, un drago, un serpente, un cavallo, una capra, una scimmia, una gallina, e un cane.
Il gatto, il più bello degli animali, chiese al topo di informarlo il giorno in cui l'Imperatore di Giada sarebbe venuto a prenderli. Ma il topo, geloso della bellezza del gatto paragonata alla sua, non lo informò. Conseguentemente, il gatto non si presentò all'arrivo dell'Imperatore di Giada, e fu sostituito con il maiale. L'Imperatore di Giada, affascinato dagli animali, decise di attribuire ad ognuno di essi un anno del calendario."
Dunque il topo, simbolo del terrore ripugnante e della paura più irrazionale (Topo gigio è il testimonial dell'aberrante campagna pro-vaccino anti influenza suina), fa perdere il diritto al gatto di guardarci dall'alto dei cieli e sorriderci. Ma nel corso dei secoli l'arte ha compiuto la sua vendetta silenziosa.
"Cheese" è la parola che associamo al sorriso quando stiamo per essere fotografati (quando distacchiamo la realtà, cogliamo l'attimo nella impressione fotografica). La realtà si ferma nel momento del sorriso. Cheese vuol dire formaggio, il cibo preferito dal topo. La paura si nutre del sorriso. Ma il gatto mangia il topo. E infatti, in questo continuo vizioso circolo del gattochesimordelacoda, nella regione del Cheshire veniva prodotto un formaggio il cui simbolo era un gatto, divenuto famoso come GATTO DEL CHESHIRE.
Il sorriso del gatto ricorda la luna,
la luna è fatta di formaggio...
Ma andiamo con ordine.la luna è fatta di formaggio...
Alice nel paese delle meraviglie, si trova a tu per tu con un bambino affetto da "suina".
— Se non mi porto via questo bambino, — osservò Alice, — è certo che fra qualche giorno lo ammazzeranno; non sarebbe un assassinio l'abbandonarlo? — Disse le ultime parole a voce alta, e il poverino si mise a grugnire per risponderle (non starnutiva più allora). — Non grugnire, — disse Alice, — non è educazione esprimersi a codesto modo. Il bambino grugnì di nuovo, e Alice lo guardò ansiosamente in faccia per vedere che avesse. Aveva un naso troppo all'insù, e non c'era dubbio che rassomigliava più a un grugno che a un naso vero e proprio; e poi gli occhi gli stavano diventando così piccoli che non parevano di un bambino: in complesso quell'aspetto non piaceva ad Alice. "Forse singhiozzava", pensò, e lo guardò di nuovo negli occhi per vedere se ci fossero lagrime. Ma non ce n'erano. — Carino mio, se tu ti trasformi in un porcellino, — disse Alice seriamente, — non voglio aver più nulla a che fare con te. Bada dunque! — Il poverino si rimise a singhiozzare (o a grugnire, chi sa, era difficile dire) e si andò innanzi in silenzio per qualche tempo. Alice, intanto, cominciava a riflettere: "Che cosa ho da fare di questa creatura quando arrivo a casa?" allorchè quella creatura grugnì di nuovo e con tanta energia, che ella lo guardò in faccia sgomenta. Questa volta non c'era dubbio: era un porcellino vero e proprio, ed ella si convinse che era assurdo portarlo oltre. Così depose la bestiolina in terra, e si sentì sollevata quando la vide trottar via tranquillamente verso il bosco. — Se fosse cresciuto, sarebbe stato un ragazzo troppo brutto; ma diventerà un magnifico porco, credo. — E si ricordò di certi fanciulli che conosceva, i quali avrebbero potuto essere degli ottimi porcellini, e stava per dire: — Se si sapesse il vero modo di trasformarli... — quando sussultò di paura...
Arriva a questo punto della vicenda il personaggio che darà modo ad Alice di effettuare la sua SCELTA: il gatto del Cheshire, appunto, diventato non si sa come Stregatto. Non si tratta di un gatto stregato, come i traduttori disneyani vorrebbero simpaticamente farci intendere (al rogo!) , ma di un GHIGNAGATTO, come orribilmente ma almeno con un po' di buon senso è stato tradotto nei libri italiani.
Vorresti dirmi per dove debbo andare? — Dipende molto dal luogo dove vuoi andare, — rispose il Gatto. — Poco m'importa dove... — disse Alice. — Allora importa poco sapere per dove devi andare, — soggiunse il Gatto. —...purchè giunga in qualche parte, — riprese Alice come per spiegarsi meglio. — Oh certo vi giungerai! — disse il Gatto, non hai che da camminare. Alice sentì che quegli aveva ragione e tentò un'altra domanda. — Che razza di gente c'è in questi dintorni? — Da questa parte, — rispose il Gatto, facendo un cenno con la zampa destra, — abita un Cappellaio; e da questa parte, — indicando con l'altra zampa, — abita una Lepre di Marzo. Visita l'uno o l'altra, sono tutt'e due matti. — Ma io non voglio andare fra i matti, — osservò Alice. — Oh non ne puoi fare a meno, — disse il Gatto, — qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta. — Come sai che io sia matta? — domandò Alice. — Tu sei matta, — disse il Gatto, — altrimenti non saresti venuta qui. Non parve una ragione sufficiente ad Alice, ma pure continuò: — E come sai che tu sei matto? — Intanto, — disse il Gatto, — un cane non è matto. Lo ammetti? — Ammettiamolo, — rispose Alice. — Bene, — continuò il Gatto, — un cane brontola quando è in collera, e agita la coda quando è contento. Ora io brontolo quando sono contento ed agito la coda quando sono triste. Dunque sono matto. — Io direi far le fusa e non già brontolare, — disse Alice. — Di' come ti pare, — rispose il Gatto. — Vai oggi dalla Regina a giocare a croquet? — Sì, che ci andrei, — disse Alice, — ma non sono stata ancora invitata. — Mi rivedrai da lei, — disse il Gatto, e scomparve.
Il ghigno del gatto ci pone di fronte alla nostra follia. Ma non è la follia del cappellaio matto, è una follia dotata di logica. Una follia controllata appunto:
Ora, quando una qualunque ottava investe il guerriero, in termini assoluti questi si trova a diretto contatto con la Morte e ciò scatena la sua paura. Una paura che sgorga direttamente dal centro emozionale e che, tramite un processo meccanico e tremendamente veloce, si trasforma in ciò che Gurdjieff chiamava emozione negativa.
Divenire preda di tali emozioni negative è fatto tanto repentino, quanto inevitabile.
Questo accade perché il centro emozionale lavora ad una velocità molto superiore a quella del centro intellettuale; ne consegue che per noi, almeno all’inizio e per diverso tempo, risulta impossibile controllare tali emozioni. Siamo troppo lenti.
Praticare l’Agguato significa rendere il centro intellettuale tanto veloce e tanto fluido da riuscire a controllare il centro emozionale, rendendo in tal modo possibile il vero “miracolo”: la trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive.
Questo si può fare solo cercando di ridere ogniqualvolta le emozioni negative si manifestano. Si tratta di una tecnica che va messa in atto da subito, anche se all’inizio e per chissà quanto tempo, sembrerà impossibile da realizzare.
Quando angoscia e paura erompono in voi per effetto della pressione esterna o interna, ciò che dovete cercare di fare è proprio e solo questo: ridere.
Sarà una risata che vi seppellirà...
Con chi parli? — domandò il Re che s'era avvicinato ad Alice, e osservava la testa del Gatto con grande curiosità. — Con un mio amico... il Ghignagatto, — disse Alice; — vorrei presentarlo a Vostra Maestà. — Quel suo sguardo non mi piace, — rispose il Re; — però se vuole, può baciarmi la mano. — Non ho questo desiderio, — osservò il Gatto. — Non essere insolente, — disse il Re, — e non mi guardare in quel modo. — E parlando si rifugiò dietro Alice. — Un gatto può guardare in faccia a un re, — osservò Alice, — l'ho letto in qualche libro, ma non ricordo dove.
Arriva a breve la versione di Tim Burton di Alice nel paese delle meraviglie... sarà questo l'anno del gatto del Cheshire?
Il gatto del cheshire, il sorriso
e la follia, la vita
lo sguardo imperscrutabile
il mondo invisibile della scelta
di qua o di là
la ragione superiore
l'anima che conduce, mostrando i denti
ad un mondo nascosto
in cui volentieri
perdere la testa.
Nessun commento:
Posta un commento