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mercoledì 6 maggio 2009

Lo scautismo e (è!) il terremoto

Prendiamo un movimento come lo scautismo. Così dando una prima occhiata ci troviamo di fronte un gruppo di persone che si prestano facilmente alle battute del caso (e fa freddo coi pantaloni corti, e siete vestiti da imbecilli, e crescete, ma alla tua età fai ancora lo scaut... il repertorio è vasto).

Ora togliamo questo primo velo dall'abito del monaco (sono critiche che accomunano qualsiasi tipo di organizzazione: a prima vista ogni monaco ha l'abito che si merita) e andiamo al sodo: lo scautismo è oltre tutto questo un modo di vivere la propria esistenza, un punto di vista sul mondo.

Un punto di vista concreto che cresce nella comunità di cui si entra a far parte fin da bambini (lupetti), e via via si allarga nel modo in cui si vive la e nella società.

Il problema è che ogni associazione molto spesso tende a chiudersi in se stessa, sviluppando degli anticorpi e delle barriere di protezione, piuttosto che fare il contrario: aprirsi e farsi conoscere. Come ogni associazione, così ogni gruppo che la compone.

Ma entriamo nel merito: il servizio (ovvero il fulcro dello scautismo) ai terremotati. Detta così sembra una consueta frase fatta. Entriamo ancora di più nel dettaglio.

Da qualche settimana i gruppi scaut sono impegnati in prima persona ad assistere le tendopoli. L'associazione di cui faccio parte ha preso base a Villa S. Angelo e si è organizzata invitando tutti i gruppi di Italia a mandare ragazzi-ragazze in grado di prestare servizio. Significa scegliere di allontanarsi dalle proprie casa e affacciarsi nel mondo della disperazione di chi la casa l'ha persa del tutto o quasi. Sembra facile, ma in realtà lo è molto di più di quello che sembra.

Lasciamo il merito ed entriamo nel metodo. Cosa permetta allo scautismo di andare avanti da più di 100 anni? Non sono le rigide strutture o meglio non solo quelle grazie al cielo. E' pure vero che ogni associazione dà delle direttive, perchè il metodo non si dissolva nel nulla. Ma è pure vero -grazie al cielo!- che ogni gruppo (ovvero ogni zona d'italia) sa declinare queste linee guida nel modo migliore perchè non siano delle rigide disposizioni vuote e formali, ma piuttosto un giusto adattamento di un abito (lo scautismo) ad una persona (il ragazzo di Roma piuttosto che delle Marche piuttosto che della Calabria), forgiando così un essere unico, simile agli altri ma capace di dare nuovi punti di vista ad un MOVIMENTO.

Muovendosi e aggiornandosi, il metodo non muore nè si fossilizza. Ma a cosa serve tutto questo? A imparare a vivere autonomamente e a farsi strumenti di servizio. Ma non solo. Serve a crescere nell'essenzialità. Serve a sapersi distaccare da quella macchina che il tessuto sociale ci ha istallato fin dalla nascita, ovvero la macchina del CONSUMO.

La bellezza dello scautismo sono i campi e le uscite, ovvero quando si molla la casa, si prendono  zaino e buona volontà e si va. Non importa il dove, importa il saper vivere in una comunità in cammino e in servizio continuo. Con umiltà e ingegno. Ovvero senza buttarsi negli eventi con la furia del momento (terremoto?? via andiamo partiamo!! e intralciamo...) dettata dall'orgoglio di "esserci" e di "dover esserci". Lo scaut non è un idiota. Anche se molto spesso gli idioti sono anche scaut.

E dunque cosa accade in Abruzzo? Si forma un campo che giorno per giorno invia ai paesi adiacenti dei gruppi di "servizio" per stare con anziani e bambini, per tagliare e affettare ortaggi per una cena di 600 persone, per far capire che si può vivere e ricominciare a vivere nonostante l'aver perso tutto. 

Proprio perchè lo Scaut dovrebbe essere geneticamente "modificato" e predisposto a vivere alla giornata, con qualsiasi tempo, basta il giusto equipaggiamento. E il primo equipaggiamento è la mentalità giusta, che mostri sempre la bellezza dell'atteggiamento scautisco con cui si affronta la vita. E quale sarebbe? Non ho una casa, vivo in una tenda, non ho un lavoro e non ho il diritto a lamentarmi con Dio o chi per lui? Anche, ma piangere è solo un momento per recuperare le energie e ripartire a sorridere nonostante la difficoltà. 

Perchè oltre la macchina del consumismo c'è la vera vita. Lo scautismo "dovrebbe" servire ad aprire questi occhi e queste orecchie nuove, che in realtà sono vecchie. Ho visto donne riunirsi per tagliare altre 600 carote e raccontarsi le emozioni del terremoto, e darsi la forza per ricominciare nonostante una casa distrutta poco dopo aver terminato di pagare un mutuo durato 15 anni.  Raccontarsi, unirsi in comunità per lavare le pentole, come le loro mamme. Una abitudine andata persa nelle comodità di un salotto privato SOLO PER NOI.

Il terremoto purtroppo ha reso tutti questi abruzzesi dei senzatetto. Li ha resi zingari contro la loro volontà di esserlo.  Ma c'è speranza, perchè mentre ero lì "io ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro, far l'amore e rotolarsi per terra."

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